Qualche settimana, in modo del tutto inaspettato, l’Istat aveva reso noto, per la gioia del Ministero del Tesoro, ma anche, probabilmente, delle società di Rating, sempre pronte a “leggere” i dati che di volta in volta vengono pubblicati (a proposito, tra pochi giorni si aprirà la “nuova stagione” dei giudizi sul nostro Paese, sempre in bilico tra il mantenimento dei livelli rating assegnati e il rischio di un passo indietro, con outlook negativi in termini di prospettive), che il nostro Debito pubblico era migliorato, con un rapporto debito/PIL sceso, in un colpo solo, di circa 300 bp, passando da oltre il 140% a circa il 137%.
Neanche il tempo di “realizzare” la cosa ed ecco che ci troviamo alla situazione di partenza, se non addirittura peggiore (viene da chiedersi cosa sarebbe successo se non ci fosse stata la decisione dell’Istituto di Statistica). Infatti, siamo di nuovo intorno al 140%, con la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) che indica, per fine anno, un ipotetico 139,5/139,8% come rapporto debito/PIL.
Ancora una volta le cattive sorprese arrivano dai bonus edilizi, letteralmente “decollati” oltre i 200 MD (si ipotizzano € 210 MD, se non addirittura 218 MD), contro un dato che, a fine 2023, non superava i 176 MD. Con il “superbonus 110%” a farla nuovamente da padrone, con agevolazioni arrivate a non meno di € 150 MD. Cifre apocalittiche, che graveranno sulla spesa pubblica 2023 per non meno di 30 MD. Al punto che lo stesso Ministero del Tesoro non dovrebbe inserire numeri nel nuovo documento che sarà presentato oggi: fatto piuttosto anomalo, solitamente prassi di Governi uscenti (non è questo il caso). Certamente un modo per “comprare tempo”, ma che conferma come la situazione sia letteralmente “sfuggita di mano”, con ogni previsione che viene smentita dai numeri che, ex-post, l’Agenzia delle Entrate comunica.
Se a questo aggiungiamo che nella Nadef la crescita verrà “limata” dello 0,2%, con le stime governative che passeranno dall’1,2% all’1% (ma già tutti gli altri organismi, da Bankitalia alla Commissione UE al FMI indicano percentuali ben inferiori, intorno allo 0,6/0,7%), diventa molto probabile che si vada incontro ad una “manovra correttiva” per reperire le nuove risorse per sostenere il debito. Con il Ministro del Tesoro che mette le “mani avanti” sulla necessità di allungare la scadenza del PNRR (attualmente si prevede che gli interventi per ottenere i finanziamenti debbano concludersi entro giugno 2026, ma 2 anni sembrano, allo stato dei fatti, un po’ pochi per “arrivare in fondo”).
Diventa, quindi, ancora più importante che la discesa di tassi, con i tagli programmati (almeno a livello BCE) per il prossimo giugno, abbia inizio senza ulteriori ritardi.
In primo luogo per “spingere” la crescita, altrimenti, per rimanere in Europa, piuttosto asfittica (ormai sappiamo quali e tante siano le difficoltà, per esempio, della Germania, con ricadute sulle economie tradizionalmente più “vicine”, come la nostra). E poi, per chi, come noi, è molto indebitato (in termini percentuali, ma anche in termini assoluti, visto che il nostro debito oramai è ad un passo dai 3.000 MD), anche qualche semplice “basis point” si traduce in risparmi di miliardi (la spesa per interessi è stimata, tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026, intorno ai 100 MD). Attualmente il costo medio delle nuove emissioni (quest’anno, nel primo trimestre, già a € 112 MD) si aggira al 3,57%, contro un costo, per l’anno precedente, che si era attestato intorno al 3,76 (nel 2021, nel pieno delle politiche “espansive” delle Banche Centrali, era allo 0,1%). Per un “costo medio” sullo “stock” di debito (e quindi sulle emissioni totali) al 2,84%, un range che si posiziona ai massimi e che fa fatica a scendere.
Un andamento, quello dei tassi, e quindi dei rendimenti obbligazionari, che, in questi primi mesi dell’anno, non va propriamente nella direzione attesa (e sperata).
Nell’autunno le fortissime attese (con molti “money manager” che avevano assunto posizioni molto aggressive) di un rapido cambiamento di scenario, con 6 se non 7 tagli dei tassi, avevano fatto impennare le quotazioni di molte emissioni, dai titoli governativi a quelli corporate, dall’investment grade, i titoli più sicuri, agli high yeld, quelli più speculativi. La realtà, invece, è leggermente diversa, con le Banche Centrali più guardinghe di quanto ipotizzato. E con, soprattutto, l’economia americana che viaggia sempre in maniera molto spedita, cogliendo quasi in “contropiede” la FED, impegnata a ridurre, mese dopo mese, il proprio bilancio (tant’è vero che lo stock di debito nelle sue mani è passato da $ 9.000 MD a circa $ 7.600 MD). Mentre, dall’altra parte, l’Amministrazione pubblica è molto “prodiga” di aiuti all’economia, con deficit pubblico che, dal già straordinario 5,8% del 2023, ormai si trova sopra il 6%. Con un rischio neanche troppo latente: che l’inflazione possa ripartire (almeno in quella parte del mondo), annullando quanto di buono fatto nel corso degli ultimi 18-24 mesi.
Quindi si potrebbe dire che anche le Banche Centrali (con particolare riguardo alla BCE e alla FED) abbiano fatto proprio il motto “stay tuned” e da lì non si muovano. Questo il motivo per cui, nella prima parte dell’anno, più che a una diminuzione dei tassi abbiamo assistito ad un loro rialzo (in alcuni casi neanche tanto lieve, vedi il bund, passato da 1,89% a 2,43%, o, appunto, al Treasury, salito dal 3,78% al 4,42% (il decennale, mentre se guardiamo il biennale dal 4,14 al 4,78%). Un po’ meglio stanno andando le cose per noi, con il BTP decennale passato dal 3,46% al 3,76, mentre sulle durate di 2 anni dal 2,88% siamo passato al 3,43%.
Borse asiatiche in rialzo questa mattina.
A Tokyo il Nikkei ha ripreso la sua marcia, inanellando una nuova seduta positiva (+ 1,08%), grazie anche alla debolezza dello yen.
A Hong Kong l’Hang Seng sale dello 0,8%, mentre Shanghai sembra aver digerito anche il nuovo default che ha colpito il mercato immobiliare (Shimao).
Bene anche Taipei, che sale dell’1,7% e il BSE Sensex di Mumbai, mentre è leggermente debole il Kospi di Seul.
Futures leggermente positivi a Wall Street, mentre sono di segno opposto in Europa.
Si stabilizza il petrolio, con il WTI a $ 86,61 (+ 0,09% questa mattina).
Sale dello 0,60% ($ 1,858) il gas naturale americano.
Nuova impennata dell’oro, a $ 2.364 (+ 0,50%).
In restringimento lo spread, che “scala” a 132 bp.
BTP a 3,82%.
Bund 2,43%.
Treasury a 4,40%, sempre sui livelli più alti a qualche mese a questa parte.
€/$ a 1,0857.
Scende sotto i $ 71.000 il bitcoin (70.802, – 1,14%).
Ps: e quindi Forrest Gump esiste davvero. E’ inglese, e si chiama Russ Cook. Ha 27 anni e, in 352 giorni, ha percorso 16.250 chilometri, attraversando in lunghezza (è partito da Cape Town (anzi, Cape Aghulas, il punto più a Sud del Sud-Afrixca)ed è arrivato a Tunisi) il continente africano. E’ come se avesse percorso, in neanche un anno, 385 maratone. Al di là delle calorie che avrà speso, l’altra domanda è: quante scarpette avrà consumato….?